E finalmente eccomi qui a provare a mantenere la promessa di riportare e commentare le riflessioni fatte con gli amici su Todi. C'erano state diverse obiezioni, ragionevoli e diffuse, ma che a mio avviso hanno senso se sono prese come stimolo per fare dei progressi su un cammino giusto e inevitabile, quello del comune impegno dei cattolici anche nell'ambito socio-politico (e non solo socio-assistenziale).
Procediamo per flash.
L'obiezione più forte e articolata è quella che va alla radice, negando che serva un impegno maggiore e più coordinato dei cattolici in politica. Secondo chi la sostiene il ruolo svolto finora dai cattolici nella politica e nella società è ottimale, ha ottenuto buoni risultati, e qualunque forma di maggior coinvolgimento comporterebbe dei passi indietro, un indebolimento e forse una ghettizzazione. A titolo di esempio vengono riportati come grandi successi dei cattolici in questi anni la Legge 40 e la vittoria nel successivo referendum, la legge sul biotestamento (che pur non ancora definitivamente approvata avrebbe già avuto l'effetto di prevenire altri casi-Eluana da parte della magistratura), lo stop ai riconoscimenti delle coppie omosessuali (Dico e company). Allo stesso tempo si mette in evidenza come i cattolici siano quasi per natura costantemente divisi, e che comunque non esista una via cattolica ad affrontare la maggior parte dei problemi della vita socio-politica-economica, per cui quel che conta è solo l'unione in difesa dei valori non negoziabili. Ragionamento che è palesemente ben fondato e radicato nella storia degli ultimi anni, ma che non mi convince molto. Non mi ha convinto fino adesso, figuriamoci per quel che riguarda il prossimo futuro, che tutti prevedono assai diverso. Certo, il rischio di una contrapposizione ghettizzante c'è, tutti da una parte quelli che la pensano in un modo, e tutti dall'altra gli avversari. Non ci vedrei niente di male, ma non si può negare che comporti un rischio strategico: finché vinci hai il pieno controllo, ma se per caso perdi rischi che la controparte mette in attuazione un programma sistematicamente nemico dei valori in cui crediamo. Un po' il modello Zapatero. E' un calcolo da fare, una problematica da tenere in considerazione. Così come non va certo sminuito il lavoro di difesa dei valori che è stato fatto con tanta fatica in questi ultimi anni, nonostante un clima ostile a livello di media e apparentemente di opinione pubblica. Ma è proprio qua il punto. Lo scontro più acceso con chi difendeva questa posizione è avvenuta sull'interpretazione di certe parole calcistiche. Mi perdonerete se lo ripeto senza voler dare alle parole più peso di quel che abbiano, ma per provare a spiegare le visioni che ci sono dietro (almeno la mia). Per me la tattica dei cattolici in questi anni di bipolarismo è stata catenacciara, abbiamo giocato molto in difesa, ottenendo senz'altro dei risultati ma arretrando il nostro baricentro e lasciando l'iniziativa agli avversari, e secondo me se giochi sempre in difesa con un avversario dai mezzi più potenti prima o poi un gol lo prendi. Certo, in Italia il catenaccio ha sempre reso molto, e non dite a Trapattoni che io lo vedo come uno strumento perdente... però fatemi sviluppare il mio ragionamento. Chi mi si contrapponeva nel dibattito, per altro, non difendeva il catenaccio, ma diceva che questi sono stati anni arrembanti, all'attacco, dove promuovere e ottenere cose come la legge 40 e quella sul biotestamento sono segni di un atteggiamento giocato all'attacco e vincente (chi le ha fatte le leggi, mi fanno notare, e chi le ha portate a casa?). Aggiungono polemicamente che non è certo detto che gli stessi risultati si otterrebbero con un partito cattolico (ai tempi della DC, ricordano, furono approvati divorzio e aborto), e con una punta di veleno sostengono che a Todi di valori non negoziabili non si è parlato (lo dicono loro) perché i convenuti sono prontissimi a negoziarli con la sinistra in cambio di potere. Ribadisco, obiezioni valide e fondate, che solo il tempo dirà se si confermeranno. Ma io la vedo diversamente. E forse non solo io. Vorrei guardarmi dal
tirare in ballo più alte autorità a difesa delle mie idee, ma con il debito rispetto e l'attenzione alla possibilità di interpretazioni diverse non posso qui non notare che da alcuni anni il Papa e la Cei non fanno che ripetere l'appello a una nuova generazione di cattolici impegnati in politica. Cioè rimarcano la necessità che i cattolici tornino ad impegnarsi generosamente anche in questo campo. Evidentemente per invertire una tendenza che non deve dare piena soddisfazione, altrimenti si lascerebbe andare le cose come stanno. Si sente invece l'esigenza di alti appelli per cambiare queste cose, che quindi non sono da difendere a priori. Secondo me, infatti, il lodevole impegno di uomini politici cattolici sparsi per i vari schieramenti finora ha potuto solo limitarsi sulla difensiva, e non sempre con pieno successo. A me sembra che nel PD, per parlare esplicitamente di elementi politici, con la promessa poi di lasciarli, l'elemento cattolico è stato abbastanza emarginato, come per altro dimostra la costante migrazione ad altri lidi di numerosi esponenti cattolici. Nel PDL vale un discorso diverso ma equivalente nella sostanza: il centrodestra a parole ha un atteggiamento di condivisione e difesa dei valori tradizionali cattolici senza le complicanze che esistono a sinistra, ed è altrettanto evidente che senza il centro-destra quelle leggi sopra citate non avrebbero mai visto la luce. Ma è altrettanto evidente che a tante parole sono seguiti pochi fatti, e questo lo dicono per primi gli esponenti del PDL. Inoltre nella linea politica del PDL l'incidenza dei cattolici appare a molti irrilevante. Sia a destra che a sinistra, comunque, mi sembra che i cattolici manifestino una certa subordinazione alle linee politiche prevalenti, e pongano la loro autonoma e specifica azione politica al di sotto di elementi di fedeltà allo schieramento politico cui appartengono. Questo atteggiamento (che in tutta onestà si trova presente seppur in forme e quantità diverse in ogni partito della seconda repubblica, compresi il centro e la Lega, ad esempio), mette il pensiero cattolico e le loro scelte politiche in secondo piano rispetto ad altri indirizzi del pensiero. Per altro la cosa non mi stupisce, in quanto a mio avviso è esattamente la stessa cosa che avviene nella società. Inevitabile quindi che sia in politica che nella pubblica opinione certe posizioni cattoliche, anche quando vincenti, appaiano come battaglie di retroguardia. E come tali, a mio avviso, destinate inevitabilmente a erodersi e quindi a preparare sconfitte future. E' esattamente questo che intendo quando dico che i cattolici hanno giocato in difesa: certo, sono state vinte delle battaglie, ma il fronte di guerra è in arretramento. Se ci si limita a raccogliere le forze per dire no su temi senz'altro fondamentali e indiscutibili, questo no verrà sempre meno compreso e avrà sempre meno la forza di raccogliere consensi tali da permettere di vincere. Certo, giocare in campo aperto è rischioso, ma l'obiettivo deve essere quello di spiegare le valide ragioni dei sì più veri e profondi, tali da giustificare ampiamente i no che non sono a priori ma frutto di scelte ben precise e positive, direi addirittura convenienti, frutto di una visione dell'uomo e della società che accresce il bene comune. Altro che ridurre gli spazi dei diritti. Questo io intendo per giocare all'attacco, e per fare questo ci vuole una squadra consapevole dei propri mezzi, che faccia gioco di squadra, e che sia in grado di dettare l'agenda dei temi. Ecco, questo è il punto: nella seconda repubblica (specie nella seconda parte, non dimentichiamo che alcuni successi citati risalgono infatti a qualche anno addietro) l'agenda delle tematiche è aggressivamente proposta da realtà ben diverse dal mondo cattolico, che nelle migliori delle ipotesi è riuscito a rintuzzare gli attacchi. Ma non è mai riuscito a imporre all'attenzione della società i suoi temi come prioritari. Esempio eclatante è la famiglia: nonostante i meritori sforzi di alcuni, il mondo cattolico non ha certo ottenuto che questo fosse il tema centrale del dibattito pubblico e dell'azione politica. Molti ne parlano e fanno promesse, ma il tema è del tutto marginale nei fatti, anzi è addirittura penalizzato dalle crisi. Altri hanno portato temi come fecondazione assistita, coppie di fatto e omosessuali, eutanasia, omofobia: su questo per ora la linea ha (faticosamente) resistito, ma sono sempre stati altri a scegliere il campo di battaglia, mente gli alleati hanno acconsentito a difendere (senza entusiasmo) questi principi, in cambio però di ben consistente sostegno alle cose di loro interesse. E poi, è vero che non esiste un modo cattolico di aggiustare i tombini, ma certo esiste un pensiero sociale coerente cristiano che peraltro è condiviso da molti non cristiani proprio perché non è un aspetto confessionale e settario ma è una visione sul mondo e sull'uomo, è una proposta di società, ed è qualcosa che si basa su solide radici anche logiche che sono quelle che vanno spiegate e anche propagandate. Quindi non c'è nulla di male che i cristiani si confrontino prioritariamente tra loro per avere progetti da proporre agli altri. Non dovranno essere tutti d'accordo necessariamente anche sugli aspetti non essenziali alla fede, ma certo è più probabile che dalla comune fede ed esperienza di vita scaturisca una visione simile. E qui torna il discorso della capacità propulsiva nella società, favorita certo dalla condivisione se non proprio dall'unità: capacità propulsiva nell'opinione pubblica (un aspetto della nuova evangelizzazione), nella società, e anche in politica che è l'ambito dedicato a fare queste scelte di indirizzo, orientamento e regolamentazione della società perché diventi possibile realizzare queste visioni. Non dovranno necessariamente convivere tutti all'interno di un unico partito confessionale, ma certo non potrà considerarsi uno scandalo se anche in politica persone con analoga visione, analoghe priorità e analoghi progetti possano lavorare insieme.
Di qui passo a un'altra obiezione opposta che è stata sollevata nell'ormai celebre cena: e allora perché non fanno un partito dove stare tutti insieme e dove dire manifestamente senza ipocrisie quali sono obiettivi e progetti? Anche questa obiezione è sensata, e secondo me segna una direzione più che probabile di un possibile sviluppo del protagonismo dei cattolici anche in politica. Ma non è uno sviluppo inevitabile, e non è neanche necessariamente il migliore auspicabile. E comunque non pare quello più immediato. Più urgente e più a portata di mano pare invece la realizzazione di un coordinamento dei cattolici, un movimento dei movimenti e delle associazioni, che sappia confrontarsi al suo interno (da troppo questo non avviene soprattutto in relazione agli ambiti socio-politici) e sappia poi confrontarsi con le realtà più propriamente politiche (partiti e governo) con una voce il più possibile univoca e forte, e anche con adeguati mezzi di pressione (ad esempio in democrazia il primo è la capacità di votare che sostiene le nostre idee e di non appoggiare chi invece è loro ostile o comunque non mantiene gli impegni).
A questa realtà è stata opposta un'altra obiezione che mi sembra molto importante: ma questo strumento di condizionamento, questa lobby, non è un mezzo ipocrita? Non è una realtà che poi resta invischiata nelle beghe della politica senza essere protagonista? Non finirà per rinunciare a una parte importante della propria identità in cambio dell'appoggio a una fazione politica? Ovviamente non condivido l'obiezione sull'ipocrisia: anzi, un coordinamento cattolico agirebbe alla luce del sole. Mi sembra un processo alle intenzioni. Bisognerà vigilare: le idee camminano sulle gambe degli uomini, e atteggiamenti ipocriti, vili, interessati sono sempre possibili. Ma non si può rinunciare ad agire per timore che forse qualcuno un giorno potrebbe agire male. Mi preoccupa di più il fatto che questo coordinamento sia poi realmente in grado di incidere correttamente sulla vita socio-politica italiana dal punto di vista dei valori e della visione cattolica: la preoccupazione è che il movimento sia consapevole di avere la forza di incidere e la usi, che sappia interagire con tutti ma non tema di mantenere la barra dritta, che sappia dire dei no e che sappia appoggiare davvero chi difende la stessa linea. Che non siano solo chiacchiere, quindi, e che non si resti invischiati nel politicamente corretto, nel voler essere per forza amici di tutti, che ci si faccia subito annacquare in una rete di relazioni e interessi che lasci dimenticare gli Interessi con la i maiuscola. Il punto che però più mi stimola di questo gruppo di obiezioni è l'ultimo: ma questo movimento appoggiando un partito non finirà per sottometterglisi? Qui torna a galla un aspetto più volte evidenziato, cui forse sono io ad essere ipersensibile. Chi lo dice che il pensiero cattolico in politica debba per forza essere subordinato agli altri? Debba inevitabilmente essere ausiliare, e destinato ad essere assorbito? Perché questo senso di inferiorità e di inevitabile gregariato? Mi sembra che quello che possa debba accadere sia esattamente il contrario. il pensiero forte anche nel sociale e quindi nel concreto agire politico è quello cristiano, l'unico che abbia un livello anche di elaborazione culturale superiore, l'unico che regga alla prova dei fatti e anche del tempo. Se negli ultimi anni sono scomparse le ideologie e falliti i progetti postideologici, questo da un punto di vista di elaborazione culturale, social e politica (nel senso alto del termine) non solo non ha coinvolto il pensiero cristiano, ma anzi a lasciato che esso sia l'unico rimasto in campo con autorevolezza ed efficacia. Non vedo perché allora debba essere subordinato ad altri modi di pensare che si autodefiniscono vincenti ma che hanno fallito tutte le prove di fatti. Questo è il punto cruciale del mio ragionamento e del mio modo di pensare. A un livello più concreto e spicciolo si incarna nel rovesciamento dell'obiezione posta: perché un eventuale movimento dei movimenti dovrebbe finire per essere sottomesso e corrotto da un partito? Non dovrebbe avvenire esattamente il contrario? Non dovrebbe cioè il movimento cattolico avere la forza di condizionare i partiti ed il partito, irrorandolo con le sue idee, i suoi ideali, i suoi progetti, la sua forza vitale, la sua energia morale, i suoi uomini e donne? Non dovrebbe essere il movimento, grazie alla sua forza ideale, progettuale e anche elettorale, a tenere la barra dei partiti di riferimento, piuttosto che il contrario?
In breve un'ultima obiezione (non ricordo se le ho esaurite tutte, nel caso - è una minaccia - ci ritorno): a Todi troppe poche donne e troppi pochi giovani. E' possibile. Ma questo non è un difetto dell'incontro di Todi. Se è vero (e per la verità altre fonti sminuiscono sensibilmente questo aspetto) questo può essere il sintomo di un problema nella Chiesa e nelle associazioni, non altro. Nulla ha a che fare con la scelta di un confronto sui temi della politica. Nel senso che non c'è stata una selezione ad personam dei presenti a Todi: sono stati invitati i rappresentanti delle associazioni e dei movimenti. Forse ci sono troppi pochi giovani e donne ai vertici (ma per certe cose è un caso: vedi l'Azione Cattolica), e allora questo offre lo spunto per una riflessione e una azione all'interno dei movimenti. Ma non inficia in alcun modo lo spirito di Todi.
e meno male che erano flash! me lo dico da solo...
RispondiEliminacomplicato!
RispondiEliminaalla faccia del flash, caro Osvaldo. Un doppio grazie quindi, visto l'impegno e la passione che ci metti. Troppa carne al fuoco, dovremmo riparlarne in un'altra occasione, per ora al volo voglio dire che mi colpisce la grande enfasi che viene data alla "vittoria" del referendum sulla legge 40, come se fosse stata una grande mossa strategica di Ruini. A me sembra che il merito di Ruini all'epoca non fu strategico, capace di visione e di aggregazione di un mondo cattolico perchè quello non fu un voto "cattolico" ma fu un "non-voto" che accumulava al suo interno di tutto (l'assenteismo cronico dei referendum e 1000 altre anime). Il merito di Ruini fu essenzialmente nella capacità di intelleggere il meccanismo del referendum (e dell'astensione) e proporla cavalcandola, fiutando la possibilità di quell'esito. Il vero problema emerso da quella vicenda, che io vedo ogni giorni in classe quando parlo con le giovani generazioni, fu che a dare le indicazioni di (non)voto fu un cardinale e non un politico. Questa presenza di un cardinale diventato "guida politica" fino alle indicazioni di voto ancora pesa nelle riflessioni dei giovani che possono più facilmente sostenere la presenza in Italia di una chiesa "interventista" che conduce per mano il popolo bue dettandogli anche le scelte più piccole. Il vero problema è l'assenza di un laicato cattolico che parli in prima persona senza costringere i chierici ad intervenire. In questo senso Todi è un fatto da salutare positivamente, anzi forse Bagnasco, da questo punto di vista, non lo dovevano invitare. Ecco qua.. per ora. ciao!
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