Il governo ha la fiducia ma non ha la maggioranza. Il governo ha la fiducia e le elezioni sono più vicine. Sembrano paradossi, ma sono la palese verità. Sembra presunzione fare affermazioni di questo genere dopo il voto alla Camera, ma invece è la semplice evidenza. Non stiamo parlando di complesse alchimie politiche. E non stiamo neanche facendo riferimento alla presunta (ma anche evidente) mancanza di una maggioranza nel Paese: è un fatto che sia gli elettori (lo dicono gli ultimi risultati dei voti sia i sondaggi tanto cari a Berlusconi) sia le forze sociali (Confindustria, sindacati, mondo cattolico, realtà produttive, ecc.) hanno manifestato la loro sfiducia in questo governo. Ma non è a questo che voglio richiamarmi. Il problema è strettamente parlamentare. Nonostante i 316 voti raggiunti alla Camera (il minimo indispensabile), quello di Berlusconi è un governo di minoranza. La vera “maggioranza” cioè consiste di un gruppo ristretto di fedelissimi, mentre intorno gravita una massa di realtà politiche che prendono continuamente le distanze dall’azione di governo e poco partecipano all’attività parlamentare o addirittura votano contro provvedimenti del governo. È una cosa che sta agli atti, non lo dico io. Un folto numero di quelli che ieri hanno sostenuto la fiducia hanno già pubblicamente annunciato che è l’ultima volta, che dalla prossima settimana si vedrà provvedimento per provvedimento. La Lega non fa che prendere le distanze da Berlusconi, pur sostenendo ogni iniziativa governativa. Persino un ministro, la Prestigiacomo , poco prima di votare la fiducia ha già detto che allo stato delle cose voterà contro la legge di stabilità, non certo un provvedimento di secondo piano. Di fatto la verità è che siamo di fronte non solo a un governo debole, non solo a una maggioranza fragile e sempre a rischio, non solo ai malpancisti, ma a una vera mutazione genetica della situazione politica. Quello attuale è un governo di minoranza, come dicevamo, che di volta in volta deve trattare il consenso di un’infinità crescente di gruppi di pressione. Gruppi di parlamentari o singoli il cui voto è costantemente appeso a un filo, al soddisfacimento di questa o quella richiesta. Un governo di minoranza in balia di una serie di appoggi esterni da contrattare minuto per minuto. Non si può andare avanti così.
Ma questo dà adito a un’ulteriore riflessione più approfondita: questo è il frutto del lento declino dell’era berlusconiana, ma è anche il frutto della fine del bipolarismo. Lo stesso accadeva ai governi Prodi. Il maggioritario doveva risolvere ogni problema, mettere di qua o di là, azzerare i piccoli partiti, dare la scelta agli elettori. Non è così: il governo che c’è adesso non è certo quello delle urne (non mi risulta che gli elettori avessero votato i Responsabili, ad esempio). Ma soprattutto i partiti o i microgruppi di pressione, addirittura i singoli deputati, proliferano sempre più con un accentuato potere di ricatto. Il maggioritario ha favorito questa situazione. Si dirà: anche nel proporzionale i piccoli partiti avevano potere di condizionamento: certo, ma se si è onesti si capisce che non arrivava a questo livello (e comunque non lo nascondeva affermando che il maggioritario avrebbe risolto la questione). Ma col proporzionale quei gruppi di pressione dovevano agire alla luce del sole e rispondere ai loro elettori, cosa che ora non accade. E soprattutto il loro potere di veto era nettamente inferiore: ogni piccolo gruppo non organico poteva provare ad avanzare le sue richieste, ma finiva in concorrenza con altri che potevano sostituirlo convergendo su punti programmatici. Si poteva dire no perché c’erano alternative: andava costruito anche a fatica un consenso, ma sulle azioni di governo. Con la truffa del bipolarismo invece il consenso si deve costruire per vincere le elezioni, non per governare. Occorre avere un voto in più dell’avversario per ottenere tutto, e quindi tutto è lecito per mettere insieme chiunque. Il singolo voto in più che fa la differenza ha una forza di ricatto ineguagliabile da alcuna forza proporzionale. Inevitabile che i partitini o analoghe realtà si moltiplichino e rendano ingovernabile il Paese. E questo è il risultato, specie in un’era di tramonto: un governo di minoranza che deve trattare volta per volta gli appoggi esterni.
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