Le scuole che saranno esenti dall’Imu saranno quelle che “svolgono la propria attività con modalità concretamente ed effettivamente non commerciali”. Vale a dire, per provare a spiegare nel concreto e in modo semplice, quelle che investiranno l’avanzo di bilancio, cioè l’utile, per migliorare l’offerta scolastica, il servizio di istruzione. Quindi non a fine di lucro. Una norma che verrà stabilita per legge. Lo ha spiegato ieri il premier Mario Monti in commissione Industria del Senato. Questa, ha detto Monti, è la risposta “chiara e inequivoca”. La materia dell’Ici sulla Chiesa “non era facile, forse non era stata affrontata per molti anni. Spero di essere riuscito a definire questa delicata materia in modo che la riponga, in futuro, al riparo da qualsiasi polemica su una interpretazione distorta”. Da parte del Governo e delle istituzioni c’è “la piena e convinta determinazione a considerare il problema dell’esatta incidenza” dell’Imu sulle Chiesta “senza
pregiudizi o approcci ideologici di qualsiasi derivazione”.
E sull’approccio ideologico alla tematica occorre riflettere per un Paese civile. Servizio pubblico. Lo Stato lo deve assicurare. E mantenere. Per questo servono le tasse. Ma se le tasse vanno a colpire il servizio pubblico danneggiandolo, diminuendone i servizi e accrescendo le spese dello Stato tanto che i denari da spendere dopo un provvedimento finanziario sono molto superiori a quelli che da quel provvedimento si intende recuperare, allora è un non-senso. E questo cortocircuito è quello che rischiava di diventare protagonista della nuova situazione sull’applicabilità dell’IMU ai beni - diciamo così ma vedremo che è inesatto - “religiosi”. La questione descritta dai mass media come quella dell’ICI della Chiesa è (potrebbe essere, ma speriamo che non lo sarà) in realtà una questione ben più grave, perché riguarda il sistema dell’educazione, è un attacco al sistema dell’istruzione. Vediamo perché. Primo: la Chiesa l’Ici la paga eccome. Basti pensare che il secondo e terzo contribuente a Roma sono l’APSA e Propaganda Fide. Inoltre su tutta la galassia delle esenzioni quella riferibile al mondo cattolico è solo una parte, che diventa una parte minima se si fa riferimento alle realtà ecclesiali. Questa era già la situazione a prima delle ultime polemiche, quelle sì ancora ideologiche. Ci poteva essere qualche abuso? Certo, come in tutte le attività umane, ma la Conferenza Episcopale si è sempre schierata dalla parte dello Stato e del pagamento delle tasse quando dovute, invitando a condurre accertamenti verso eventuali scorrettezze da sanzionare. Esisteva però anche una parte di potenziali equivoci, dovuta a quella famosa formula “non esclusivamente” che da ogni parte si è riconosciuto meritevole di ulteriori chiarimenti. E a quei chiarimenti il governo ha lavorato. Quali saranno gli effetti concreti e i confini della misura è ancora un po’ da verificare, visto che il provvedimento è in corso d’opera. Però qualche indicazione inizia a emergere con maggior chiarezza. E qui è arrivato il momento di entrare nello specifico. Con un rapido accenno alla questione del no profit: assurdo tassare le realtà sociali e benefiche, l’esempio classico è quello delle mense per i poveri. Ma veniamo al nodo delle scuole. Non ci stupisce scoprire che in questi giorni ci sia stato, più da parte della stampa e dei soliti noti che dal governo, un attacco ideologico e pregiudiziale. Un attacco ricco di disinformazione, controsensi e irrazionalità, come del resto accade da decenni in tutte le manifestazioni contro la scuola cattolica. Bisogna intanto ricordare che cattoliche sono meno della metà delle scuole private, e che per quanto riguarda almeno le scuole cattoliche non esiste più il concetto di scuola privata, ma di servizio pubblico di iniziativa privata, cioè le scuole paritarie, che fanno parte integrante del sistema nazionale di istruzione. Per deideologizzare la vicenda bisognerebbe tener sempre presenti alcuni dati ufficiali e sempre palesemente a disposizione di tutti, ma sempre tenacemente ignorati in questi ragionamenti: le scuole paritarie del servizio pubblico d’istruzione fanno scuola a un milione di ragazzi, ma cosa ancor più importante per questo tipo di ragionamento, a fronte dei tanto avversati 500 milioni scarsi di finanziamento che lo Stato offre, le scuole paritarie fanno risparmiare annualmente allo Stato 6 miliardi e 250 milioni. Senza contare che le scuole pubbliche già costano allo Stato 44 miliardi. Ecco, 6 miliardi e rotti risparmiati a fronte di pochi, pochissimi spiccioli racimolati con l’IMU: ha senso? E se l’imposizione ideologica dell’Imu voluta da alcuni fosse così pesante per le scuole paritarie da portare – come già ventilato da più parti – alla loro chiusura, quale vantaggio ne avrebbe lo Stato, chiamato a tirar fuori strutture e servizi e più di sei miliardi per fornire l’obbligatorio servizio dell’istruzione a una enorme quantità di studenti italiani?
Tutto questo quindi fuori di ogni ideologia ma solo su calcoli economici. Senza scadere nell’ideologia si potrebbe poi entrare nel merito della qualità del servizio. La critica alle scuole paritarie come scuole dei ricchi è totalmente infondata e da rovesciare: basta fare in modo non di penalizzarle ma al contrario di favorire la partecipazione degli studenti a quelle scuole. Il tutto inserito in un contesto che garantisce costituzionalmente la libertà di educazione. E richiamando la fondamentale centralità dell’educazione e dell’istruzione: non è solo il Papa Benedetto XVI a richiamare costantemente la gravità dell’emergenza educativa, nella formazione di persone e cittadini prima ancora che di cristiani. È anche la società a lamentare la crisi educativa che investe una scuola che non dà quanto dovrebbe e mina così il futuro: nella scuola bisogna investire di più e meglio, non danneggiare pregiudizialmente le realtà che funzionano meglio.
Un politico, che sia tale, non doveva mai e poi mai mettere una tassa sulla prima e (per tantissimi) unica casa!! E' una vera porcata. Da forcone!!!
RispondiElimina