martedì 18 dicembre 2012

Benigni senatore a vita. Nonostante qualche appunto


Roberto Benigni senatore a vita. È una proposta seria, che pur non esclude di fargli qualche pulce con la matita rossa. Non si vede perché no, chi ci sia oggi meglio di lui, chi abbia al contempo più presa sugli italiani e più amore per l’Italia. La Costituzione (da lui illustrata lunedì sera nei principi fondamentali) dice che possono essere nominati senatori a vita personaggi che abbiano “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. 

Girano spesso nomi di ogni genere, alcuni meritevoli, altri improbabili. Ma chi di questi tempi più di Benigni ha “illustrato” la Patria? L’ha resa illustre, disopacizzandola davanti ai depressi italiani, l’ha resa illustre presso l’estero continuando a risvegliarne l’orgoglio, e l’ha anche “illustrata” spiegando con travolgente passione la Costituzione, l’inno d’Italia e quel poema nazionale che è la Divina Commedia. Per quest’ultimo impegno qualcuno ha anche pensato di candidarlo ufficialmente al Premio Nobel per la letteratura nel 2007. Di suo intanto Benigni ci mette la vittoria di due Premi Oscar con La vita è bella (più quello alla colonna sonora), uno per il miglior film in lingua straniera e uno come miglior attore protagonista, unico interprete maschile italiano e primo non anglofono in assoluto a riceverlo recitando in un film in lingua straniera. Ma è ovviamente ai suoi spettacoli culturali che faccio riferimento, a partire dall’illustrazione della Costituzione su Rai1, e recuperando lo show sul Canto degli Italiani tenuto a Sanremo nel 2011, fino a tutti gli spettacoli sulla Divina Commedia. E certo anche film come La vita è bella sulla shoah, e se vogliamo persino Johnny Stecchino sulla mafia hanno un importante risvolto civico. 
Ecco, beato il Paese che non ha bisogno di Benigni e dei suoi spettacoli, senz’altro. Molte delle critiche che gli vengono rivolte hanno dei fondamenti (le critiche culturali, meno le altre). Ma il punto è che Benigni è quanto serve oggi all’Italia. È quello di cui l’Italia ha necessità. Un po’ come l’italiano vero di Toto Cotugno e le vittorie calcistiche ed olimpiche degli azzurri. Anzi, per spessore culturale e civile senz’altro qualcosa più di una canzone e di qualche medaglia. Purtroppo l’Italia è sonnolenta, distratta, depressa. Ha dimenticato se stessa, il proprio valore e i propri valori. C’è prima di tutto un’ignoranza diffusa, poi altrettanto comuni sono una superficialità, un disamore, uno scetticismo, una sfiducia. Se poi si va nello specifico, questi limiti aumentano esponenzialmente: quanti conoscono l’inno, la Costituzione, la Divina Commedia? E quanti pur facendo parte della minoranza che ha assolto più o meno forzosamente il dovere di dare una letta a questi testi li ha davvero voluti comprendere, fare propri? Eppure non può esistere una nazione, uno Stato, un popolo se non esistono fondamenta condivise oltre la semplice convivenza su un territorio. Fondamenta inclusive, ma delineate, proprio come le ha l’Italia. Ma forse, dopo 150 anni, resta ancora da “fare gli italiani”. E Benigni partecipa a questo lavoro, a questa impresa. La riprende in mano dopo gli anni opulenti dell’indifferenza e del relativismo. 
Di questo bisogna rendergli merito e ringraziarlo. Al di là dei cachet ricchissimi, al di là di ciò che piace più e ciò che piace meno, al di là delle battute sull’attualità politica. Meravigliose, esilaranti, ma è ridicolo – ed è un brutto segnale per il Paese – che l’attenzione dei media si sia concentrata sulla parte di satira contemporanea. Geniale satira, ma quella era la parte del varietà. Non è certo colpa di Benigni se l’attualità offre tanti spunti, e se qualcuno ne offre più di altri, e nemmeno se lui ha tanto successo e quindi le sue battute hanno tanta eco. Il punto è che bisogna avere l’intelligenza di concentrarsi sulla seconda parte, su quella che era il clou della serata. Sulla volontà e sulla capacità di spiegare il testo della Costituzione. In televisione, davanti a 13 milioni di spettatori. Gli articoli di un testo di legge di 65 anni fa illustrati parola per parola in prima serata. Con un successo clamoroso. Con penetrante capacità di far capire il contesto storico e il senso universale di certe affermazione e di quello che ha portato a realizzarle. Con l’orgoglio che fa risvegliare la consapevolezza di quanto di grande hanno fatto i nostri padri e di quanto abbiamo ancora oggi a disposizione per fare noi qualcosa di grande. Con un trasporto e una passione travolgenti, capaci di suscitare un amore viscerale, unica forza in grado di far scaturire un vero interesse e una reale capacità di far propri e vivi quei principi. Questa è l’eredità che ci lascia Benigni con i suoi spettacoli, degno moderno parallelo della poesia civile e dei romanzi dei tempi passati, da Manzoni a Foscolo fino agli scritti del Novecento. Da quello che racconta, da come lo racconta, traspira un vero profondo amore per la materia di cui si occupa, cioè che sia la Costituzione o la Divina Commedia fondamentalmente è l’Italia. E come ben sappiamo quel che più è educativo in assoluto è l’esempio. 
Certo, c’è qualche imprecisione in quel che dice un fantastico giullare che non pretende di essere un esegeta, ma quanti docenti, studiosi, politici incappano in errori più pazzeschi di questo giullare! E quanti cittadini italiani – purtroppo – sono in grado di cogliere queste piccole cadute, o piuttosto non le percepiscono perché non hanno un’idea generale, non hanno conoscenza, non hanno frequentazione con questi argomenti. Per cui Benigni è di fatto il primo che glieli racconta, che glieli spiega, che glieli fa amare. Un grande servizio alle istituzioni, una grande iniezione di fiducia nel Paese, negli italiani e nella politica: epico il passaggio sulla politica, sul richiamo all’impegno, alla partecipazione, con l’aperto contrasto dell’impulso nichilista a fare di tutta l’erba un fascio (“Se diciamo ‘Sono tutti uguali’ facciamo il gioco dei disonesti, dei corrotti, perché così riescono a nascondersi, a farla franca!”) e a mandare tutto all’aria (strepitoso il passaggio “di Ulisse” sulla possibilità che il popolo perda la testa. E le regole servono a mantenerlo sobrio). Fantastico il passaggio sul lavoro come partecipazione. Da inchinarsi di fronte al tema della cultura e del paesaggio italiano, messi nei principi fondamentali quando c’erano solo macerie e povertà. Cosa gli si può chiedere di più? E anche se a volte trasuda qualche interpretazione personale, qualche accento soggettivo, e quindi discutibile, questo fa parte del gioco. Si può aver grande rispetto per un grande anche se non lo si condivide in tutto, persino se magari può essere individuato come un avversario politico. Ad averne di avversari di questa levatura, se ne gioverebbero tutti. Mentre elogiavo Benigni, un’amica mi sfotteva: “ma è praticamente comunista, mangia i bambini!”. Intanto non è vero. Di veterocomunisti in Italia ce ne sono ancora eccome, ma tra questi non c’è Benigni, che con la sua visione è molto oltre, molto al di sopra. A certi livelli si deve essere capaci di comprendere che certe differenze sfumano. E si può rispettare ed elogiare anche chi ha sfumature diverse dalle nostre. E magari proporlo senatore a vita anche se non è troppo vicino alla propria parte politica e culturale. Ma è vicino alla cultura, e ciò basti.
Certo, ciò detto qualche puntino sulle i il grande Benigni me lo tira. Proprio per l’ammirazione incondizionata e l’elogio sincero, proprio perché pur nelle differenze lo vorrei Senatore a vita, proprio per questo mi levo lo sfizio di fare qualche rapido distinguo. Senza smettere di applaudire.
Per esempio, si sa, benigni pur avendo forse inconsciamente un grande respiro spirituale, zoppica un po’ per quel che riguarda cristianesimo, cattolicesimo e Chiesa. Un po’ superficiale ad esempio le affermazioni sulla Costituzione che è meglio di Bibbia e Vangelo, perché i comandamenti sono solo dei no e il Vangelo dice di “non fare agli altri” e non invita a “fare agli altri”: quest’ultimo passaggio è proprio un errore tecnico, perché la novità specifica del Vangelo è proprio questa. Stessa ambiguità sul tema della laicità. Quello che dice Benigni, le parole letterali, è corretto. Si può sottoscrivere. È l’interpretazione che ne viene data, il sentimento che traspira da Benigni stesso ma soprattutto che aleggia nella cultura prevalente del Paese a distorcere concetti che sarebbero giusti. L’impressione che si dà nonostante il testo è che laicità voglia dire relegare la fede e la Chiesa alla sfera privata, e che tutto ciò che c’è di cattolico debba stare fuori dal mondo civile. Ovviamente così non è non è può essere. I cattolici italiani in quanto cittadini hanno tutto il diritto di esprimere il loro punto di vista e di battersi per esso, spesso con molto maggiore larghezza di vedute rispetto ai loro competitor, e comunque rispettando il metodo della razionalità, dell’umanità e della democrazia. Nessun principio cattolico è legge per dogma, ma nessuno mi può chiedere di essere credente in privato e di rinnegare in pubblico ciò in cui credo, e questo non vale solo per i cattolici. La lieve distorsione ottica di benigni si nota quando parla meravigliosamente della lingua italiana come elemento nascosto ma sottinteso dell’articolo che tutela le minoranze linguistiche, ma dà un’interpretazione del tutto opposta (ma inserita in un’insieme di riflessioni validissime) della religione cattolica quando si parla di rispetto delle minoranze religiose. Sempre su questi temi, strepitoso il passaggio sulla pena di morte: “io non voglio ammazzare, l’Italia non paga nessuno per uccidere”. Da sottoscrivere con entusiasmo. Ma sommessamente faccio notare che vale anche per l’eutanasia e dovrebbe valere anche per l’aborto. Non credo benigni lo avesse in mente. Così come il passaggio sugli omosessuali: sacrosanto rispetto umano e libertà, ma i cedimenti al politicamente corretto semplificano la questione dandogli una interpretazione lontanissima dai principi dei padri costituenti. E infatti non mi è piaciuto in generale il passaggio sull’articolo 3. Altro che canne, altro che Woodstock, altro che Imagine (canzone discutibilissima): è di tutt’altro spessore la temperie che fa nascere quelle straordinarie parole. Una temperie che nasce da un profondo umanesimo e da una prevalenza di radici cattoliche che mettono al centro la persone. Non servono fricchettoni. Ancora qualche sfumatura qua e là (splendidi i passaggi sulla pace, ma forse qualche eco di pacifismo di maniera), ma il bilancio finale è strepitoso. Da Senatore a vita.
Osvaldo 

2 commenti:

  1. Salve ,
    sono Alessandro Falconi .
    Qualche notizia su di me qui : http://www.calcata.info/ISDT/ale.html .

    Queste poche righe per alcune premesse e qualche domanda .

    Lei dice "Un po’ superficiali ad esempio le affermazioni ( di Benigni ) sulla Costituzione che è meglio di Bibbia e Vangelo" .

    In Italia siamo 60 milioni , 54 milioni cattolici - 18 milioni praticanti , 5,4 milioni laureati , 26000 docenti di religione cattolica .

    Io mi chiedo : come mai 24 ore dopo una trasmissione vista da 12 milioni di persone si trovano in internet solo tre di numero persone che parlano delle parole di Benigni sul Vangelo ? Elisa http://elisacarriero.blogspot.it/2012/12/benigni-e-la-costituzione-italiana.html , Lei qui ed io .

    E' possibile che Benigni abbia parlato toccando argomenti così delicati , addirittura di Silvio al di sopra di Dio , su Rai 1 , senza che ci sia stata una ""occhiata" al testo da parte di qualche esperto ?



    Da una parte c'è l'etica del Vecchio Testamento : "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" ; la visione dell'"altro" come limite della mia esistenza - l'etica di un popolo di pastori , per cui il gregge dell'altro limita la crescita del mio .

    Dall'altra c'è l'etica del Nuovo Testamento : "fate agli altri quello che vorreste vosse fatto a voi" ( Luca 6,31 )( Matteo 7,12 ), la visione dell'"altro" come completamento di noi stessi - l'etica di una comunità di cittadini che scambiano fra loro e con altri .

    Non sarà che l'averle confuse sia il frutto di una scelta orientata a non contrappore le due etiche , per evitare di correre il rischio di mostrare che l'etica del VT NON è quella che preferiamo , che la nostra Costituzione è il compromesso fra due posizioni politiche - il centro , i democristiani e la sinistra , i comunisti - che si rifanno , anche quella apparentemente più lontana , i comunisti , al messaggio evangelico originario .

    E' abbastanza noto che molte persone che lavorano nell'industria cinematografica statunitense siano di origine religiosa ebraica : sarà un caso che Benigni abbia vinto l'Oscar con un film sulle vicende degli ebrei europei e che lunedì sera abbia messo in bocca al Vangelo l'etica del testo religioso degli ebrei , il Vecchio Testamento ?

    cordialità
    Alessandro

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  2. <<... quella mascalzonata di Benigni in La vita è bella, quando alla fine fa entrare ad Auschwitz un carro armato con la bandiera americana. Quel campo, quel pezzo di Europa lo liberarono i russi, ma... l'Oscar si vince con la bandiera a stelle e strisce, cambiando la realtà.>>
    Mario Monicelli

    Oggi non c'è niente di più impopolare che criticare Benigni. Ormai sembra godere di assoluta immunità critica.
    Dire che "La Vita è Bella" non è poi questo tanto decantato capolavoro appare addirittura eretico. E neppure se si dimostra che il copione di Train de Vie è passato dalle sue mani (gli fu offerto di interpretare il ruolo di Shlomo, ma lui lo rifiutò) prima ancora che scrivesse la Vita è Bella, qualcuno è pronto a mettere in discussione l'autorialità della pellicola di Benigni nonché la sua originalità (ma quale?). Trovare su internet il testo integrale dell'intervista in cui Mario Monicelli stroncò "La Vita è Bella" definendolo un film brutto e girato male, è impresa ardua.
    Nobel per la letteratura perché recita La Divina Commedia? Restituiteci Vittorio Gassman, grazie.
    Senatore a vita perché compie in televisione l'esegesi dell'Inno di Mameli e della Costituzione della Repubblica Italiana? Ma non dovrebbe essere insegnata educazione civica a scuola? Già, ma forse gli insegnanti in un intero anno non sono pagati quanto Benigni per una singola serata. E comunque sarà interessante ascoltare la sua spiegazione della mancata applicazione dell'articolo 39 della Costituzione e di come l'introduzione dell'IMU sia compatibile con il secondo comma dell'articolo 47.
    Copritevi sotto il tricolore che Benigni vi cuce addosso, io mi riguardo questo:
    http://www.youtube.com/watch?v=7YCVSePryPo
    perché resto anonimo? per non essere ancora più impopolare...

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