10 dicembre 2012
Sentiti ringraziamenti a Pierluigi Bersani. Ieri il
segretario del Partito Democratico e candidato premier della sinistra ha fatto
chiarezza su diverse cose. Forse non era sua intenzione, ma questo è il
risultato. “Ho sempre detto che Mario Monti deve essere ancora utile per il
Paese, per questo sarebbe meglio che rimanesse fuori dalla contesa”, ha
risposto a chi gli ha chiesto cosa ne pensasse di un impegno del premier alle
prossime elezioni. E in un’intervista al Wall Street Journal,, ad una domanda
riguardo alla possibilità che dalle prossime elezioni non si raggiunga una
chiara e stabile maggioranza di governo, Bersani ha risposto che vi sarebbe
un’unica soluzione: “nuove elezioni”, escludendo quindi l’idea di un nuovo
governo tecnico. Insomma, provo a tradurre: il vero avversario della sinistra è
Mario Monti, di fronte al quale la sinistra potrebbe non vincere le elezioni (e
questa ammissione nella situazione attuale è un clamoroso segno di debolezza). Monti
è il vero rivale, quello capace di essere più credibile, più serio, più
competente, di rispondere meglio alle esigenze del Paese e di una vasta area
sociale che in Italia ora non è rappresentata, perché si sente illusa e tradita
da Berlusconi ma certo non si fida della sinistra.
Bersani è un signore e non
può che parlar bene di Monti, ma cerca di tenerlo in un cantuccio perché non
gli faccia ombra ora che vede a portata di mano il regalo di una facile
campagna elettorale contro Berlusconi e di conseguenza il successo e la
conquista di Palazzo Chigi. Per questo Bersani prova a far balenare l’idea che
Monti sarà ancora utile, ma solo se se ne sta buona da una parte, pronto a
ricevere una ricompensa dalla generosa mano della sinistra. Utile chiarimento
del vero rapporto che loro hanno con Mario Monti e le sue politiche, ma anche
utile chiarimento del vero scenario italiano: Berlusconi è ai margini, si è
autoescludo e con lui tutto quel PDL che non sa alzare la testa di fronte al
padre padrone. Hanno scelto la strada del populismo e questo li relega in un’area
magari non irrilevante ma sicuramente non utile a concorrere al quadro
politico-istituzionale del Paese: Berlusconi ormai gioca la sua partita in
concorrenza con Grillo, non con le forze politiche responsabili. Per cui non è
un avversario del PD. E di conseguenza noi ne ricaviamo la certificazione (da
parte nostra lo sapevamo già) che l’area moderata e popolare non è certo
rappresentata dai berlusconiani, bensì è un campo aperto di cui il centro
montiano ha la responsabilità di assumere la rappresentanza. E che questo
compito, per quanto forse in ritardo tecnico, è però ancora una missione
possibile e persino potenzialmente vincente lo certifica sempre Bersani quando
indica questa possibilità come il pericolo principale per il suo equilibrio a
sinistra. Il tempo è stretto, ma la gioiosa macchina da guerra Bersani-Vendola
può essere messa in discussione dalla ricomposizione dell’elettorato popolare
con degni rappresentanti lungo una linea di politica seria, coerente, sobria,
cioè con al centro i temi dell’agenda Monti. Anche perché Bersani sta vivendo
di rendita, della rendita del crollo del PDL e del ritorno all’antico
bipolarismo, che per altro gli ha regalato in bonus la conferma di una legge
elettorale che gli permette di incassare il massimo facendo il minimo (come si
può pensare che sia moderato e popolare quel Berlusconi che fa di tutto per
mandare al governo la sinistra-sinistra senza contrappesi?). Ma se in campo si
concretizza un soggetto capace di incarnare i veri bisogni della società
italiana, tutto torna in gioco. Questo soggetto è in costruzione da tempo, ha
delle basi solide (il terzo polo che – lui sì e non il PD – ha mandato a casa
Berlusconi arrivò a consensi del 20 per cento, e Monti ha un consenso personale
tutt’ora vicino al 50 per cento) ma deve finire di essere allestito. Se questo
accadrà, se tutti quelli che hanno davvero a cuore l’Italia saranno pronti a
fare diligentemente e umilmente la loro parte, e se Mario Monti deciderà di
difendere il lavoro fatto e sentirà la responsabilità di non rendere vani i
tanti pesanti sacrifici sostenuti dagli italiani, allora questo centro popolare
e montiano sarà il protagonista della politica futura, sottraendo lo scettro a
quella sinistra che già festeggiava. Tra l’altro Bersani i guai un pochino se
li cerca, perché un’altra cosa su cui ha fatto chiarezza ieri è che non c’è
chiarezza nel suo schieramento. Non vuole Monti, ma dice che farà le stesse
cose di Monti: “Noi rispetteremo gli impegni molto rigorosi presi e li
considereremo come se fossero nostri”, ha detto sempre al quotidiano
finanziario americano affermando inoltre che un eventuale governo da lui
guidato dopo le prossime elezioni in Italia non metterà mano alle riforme
strutturali, come quella delle pensioni e del lavoro, varate dal governo di
Mario Monti. Parole destinate a rassicurare il mondo internazionale, i mercati,
gli investitori. Ma anche parole-boomerang, visto che l’alleanza del suo
eventuale governo si basa su Vendola che invece fa dell’opposizione ai
provvedimenti di Monti la sua bandiera e ha costretto Bersani a firmare una
carta di intenti da cui l’agenda Monti è rimasta totalmente esclusa. D’altro
canto non siamo solo noi a farci domande su queste incongruenze. Pietro Ichino
è senatore ed economista del PD, e ancora ieri si chiedeva sul suo sito: “Bersani,
tra Grillo, Vendola e Berlusconi da un lato, e Monti, Napolitano, Renzi e i
costruttori del Terzo Polo dall’altro, da che parte sta?”. “In questo momento
il discrimine politico fondamentale nel nostro Paese oggi corre tra chi è convinto
che la via più sicura per uscire dalla crisi sia costituita dalla strategia
europea disegnata per il nostro Paese da Mario Monti, e chi è convinto invece
che il rigore finanziario richiesto da quella strategia sia la vera causa dei
nostri problemi”. Non avremmo potuto dire di meglio, salvo aggiungere: e se
l’unica scelta seria per l’Italia è l’agenda Monti, perché voler tenere fuori
dalla contesa Monti?
Osvaldo
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