martedì 11 dicembre 2012

Serve Mario Monti.


10 dicembre 2012
Sentiti ringraziamenti a Pierluigi Bersani. Ieri il segretario del Partito Democratico e candidato premier della sinistra ha fatto chiarezza su diverse cose. Forse non era sua intenzione, ma questo è il risultato. “Ho sempre detto che Mario Monti deve essere ancora utile per il Paese, per questo sarebbe meglio che rimanesse fuori dalla contesa”, ha risposto a chi gli ha chiesto cosa ne pensasse di un impegno del premier alle prossime elezioni. E in un’intervista al Wall Street Journal,, ad una domanda riguardo alla possibilità che dalle prossime elezioni non si raggiunga una chiara e stabile maggioranza di governo, Bersani ha risposto che vi sarebbe un’unica soluzione: “nuove elezioni”, escludendo quindi l’idea di un nuovo governo tecnico. Insomma, provo a tradurre: il vero avversario della sinistra è Mario Monti, di fronte al quale la sinistra potrebbe non vincere le elezioni (e questa ammissione nella situazione attuale è un clamoroso segno di debolezza). Monti è il vero rivale, quello capace di essere più credibile, più serio, più competente, di rispondere meglio alle esigenze del Paese e di una vasta area sociale che in Italia ora non è rappresentata, perché si sente illusa e tradita da Berlusconi ma certo non si fida della sinistra. 

Bersani è un signore e non può che parlar bene di Monti, ma cerca di tenerlo in un cantuccio perché non gli faccia ombra ora che vede a portata di mano il regalo di una facile campagna elettorale contro Berlusconi e di conseguenza il successo e la conquista di Palazzo Chigi. Per questo Bersani prova a far balenare l’idea che Monti sarà ancora utile, ma solo se se ne sta buona da una parte, pronto a ricevere una ricompensa dalla generosa mano della sinistra. Utile chiarimento del vero rapporto che loro hanno con Mario Monti e le sue politiche, ma anche utile chiarimento del vero scenario italiano: Berlusconi è ai margini, si è autoescludo e con lui tutto quel PDL che non sa alzare la testa di fronte al padre padrone. Hanno scelto la strada del populismo e questo li relega in un’area magari non irrilevante ma sicuramente non utile a concorrere al quadro politico-istituzionale del Paese: Berlusconi ormai gioca la sua partita in concorrenza con Grillo, non con le forze politiche responsabili. Per cui non è un avversario del PD. E di conseguenza noi ne ricaviamo la certificazione (da parte nostra lo sapevamo già) che l’area moderata e popolare non è certo rappresentata dai berlusconiani, bensì è un campo aperto di cui il centro montiano ha la responsabilità di assumere la rappresentanza. E che questo compito, per quanto forse in ritardo tecnico, è però ancora una missione possibile e persino potenzialmente vincente lo certifica sempre Bersani quando indica questa possibilità come il pericolo principale per il suo equilibrio a sinistra. Il tempo è stretto, ma la gioiosa macchina da guerra Bersani-Vendola può essere messa in discussione dalla ricomposizione dell’elettorato popolare con degni rappresentanti lungo una linea di politica seria, coerente, sobria, cioè con al centro i temi dell’agenda Monti. Anche perché Bersani sta vivendo di rendita, della rendita del crollo del PDL e del ritorno all’antico bipolarismo, che per altro gli ha regalato in bonus la conferma di una legge elettorale che gli permette di incassare il massimo facendo il minimo (come si può pensare che sia moderato e popolare quel Berlusconi che fa di tutto per mandare al governo la sinistra-sinistra senza contrappesi?). Ma se in campo si concretizza un soggetto capace di incarnare i veri bisogni della società italiana, tutto torna in gioco. Questo soggetto è in costruzione da tempo, ha delle basi solide (il terzo polo che – lui sì e non il PD – ha mandato a casa Berlusconi arrivò a consensi del 20 per cento, e Monti ha un consenso personale tutt’ora vicino al 50 per cento) ma deve finire di essere allestito. Se questo accadrà, se tutti quelli che hanno davvero a cuore l’Italia saranno pronti a fare diligentemente e umilmente la loro parte, e se Mario Monti deciderà di difendere il lavoro fatto e sentirà la responsabilità di non rendere vani i tanti pesanti sacrifici sostenuti dagli italiani, allora questo centro popolare e montiano sarà il protagonista della politica futura, sottraendo lo scettro a quella sinistra che già festeggiava. Tra l’altro Bersani i guai un pochino se li cerca, perché un’altra cosa su cui ha fatto chiarezza ieri è che non c’è chiarezza nel suo schieramento. Non vuole Monti, ma dice che farà le stesse cose di Monti: “Noi rispetteremo gli impegni molto rigorosi presi e li considereremo come se fossero nostri”, ha detto sempre al quotidiano finanziario americano affermando inoltre che un eventuale governo da lui guidato dopo le prossime elezioni in Italia non metterà mano alle riforme strutturali, come quella delle pensioni e del lavoro, varate dal governo di Mario Monti. Parole destinate a rassicurare il mondo internazionale, i mercati, gli investitori. Ma anche parole-boomerang, visto che l’alleanza del suo eventuale governo si basa su Vendola che invece fa dell’opposizione ai provvedimenti di Monti la sua bandiera e ha costretto Bersani a firmare una carta di intenti da cui l’agenda Monti è rimasta totalmente esclusa. D’altro canto non siamo solo noi a farci domande su queste incongruenze. Pietro Ichino è senatore ed economista del PD, e ancora ieri si chiedeva sul suo sito: “Bersani, tra Grillo, Vendola e Berlusconi da un lato, e Monti, Napolitano, Renzi e i costruttori del Terzo Polo dall’altro, da che parte sta?”. “In questo momento il discrimine politico fondamentale nel nostro Paese oggi corre tra chi è convinto che la via più sicura per uscire dalla crisi sia costituita dalla strategia europea disegnata per il nostro Paese da Mario Monti, e chi è convinto invece che il rigore finanziario richiesto da quella strategia sia la vera causa dei nostri problemi”. Non avremmo potuto dire di meglio, salvo aggiungere: e se l’unica scelta seria per l’Italia è l’agenda Monti, perché voler tenere fuori dalla contesa Monti?
Osvaldo 

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