giovedì 26 gennaio 2012

Rivoluzione politica: prima i contenuti e poi in base a questi le allenze

C’è una clamorosa novità poco sottolineata negli ultimi avvenimenti politici. Approvate da un maggioranza persino più ampia dell’ampia maggioranza che le ha sottoscritte, le mozioni unitarie sulla politica europea dell’Italia segnano un punto importante nella storia politica recente. Oltre alla mozione europea promossa da Rocco Buttiglione, poi, bisogna ricordare che la settimana scorsa c’era stata la mozione unitaria sulla giustizia promossa da Roberto Rao per approvare la relazione del ministro Severino. Ci sono poi da calcolare le tre fiducie incassate dal governo col voto favorevole di Terzo Polo-PD-PDL più altri. Ma insisto sul fatto che le mozioni valgono persino più delle fiducie, e nulla esclude che altre mozioni comuni possano essere realizzate nel prossimo futuro, in vari campi, dagli esteri alla cultura all’economia. Ma già la Giustizia e l’Europa sono due tra i temi in assoluto più sensibili in campo e anche con alte potenzialità di divisione. Non sono mancate infatti le resistenze alla pratica fin qui inusuale del documento realizzato e sottoscritto insieme dagli ex avversari. Alcuni forse avrebbero preferito approvare mozioni simili ma distinte. D’altro canto il governo ha dato parere favorevole a quasi tutte le mozioni. Ma è proprio questo che indica l’importanza di quanto accaduto: si sarebbe potuto approvare sia mozioni del PD che del PDL, si è preferito approvarne una comune, per dare più forza al governo nell’interesse dell’Italia. Una scelta politica. Una scelta responsabile. Che segna una clamorosa inversione rispetto a quanto accaduto negli ultimi venti anni. Finora prevaleva la logica delle maggioranze precostituite. La logica del “o di qua o di là”, a prescindere da tutto. Prima le alleanze elettorali, poi i contenuti, con i risultati che si sono visti nell’incapacità di governare davvero. Contro questa logica si è battuto dall’inizio l’UDC, che in questo vedeva il male del bipolarismo fazioso. Con le mozioni si inverte completamente il processo: prima i contenuti, pensati in funzione dell’interesse comune dell’Italia, poi sulla base della condivisione o meno di questi contenuti, le alleanze. In qualche modo le mozioni e le fiducie in una condizione di emergenza come quella in cui ci troviamo delineano un nuovo arco costituzionale che non necessariamente prefigura una attuale o futura coalizione, ma che comunque inevitabilmente costituisce lo scenario all’interno del quale si potranno formare le coalizioni. Chi si colloca al di fuori della condivisione di una via maestra dell’interesse nazionale si autoesclude dalla possibilità di andare al governo. Questa è la nuova strada che si sta tracciando, e questo è anche uno dei nodi politici essenziali di questi giorni. Lo dimostrano i problemi e le opzioni di scelta con cui si confrontano tutti gli attori politici. Il Terzo Polo, che è indiscutibilmente il maggior protagonista e la guida di questa svolta,ma deve stare attento a camminare su un percorso comunque minato. Il PD, che a sua volta oltre ad essere percorso da tensioni interne fa ancora fatica a definire la propria identità anche nei rapporti con le realtà esterne, dal centro alla sinistra, dall’IDV ai sindacati. Tanto più vale per l’IDV che alterna il suo atteggiamento tra consenso e demagogia, tra voti favorevoli e contrari, tra sostegno e ostruzionismo. Ma il tutto è ancor più lampante sull’altro fronte. La Lega ha scelto coerentemente la linea dell’opposizione demagogica, nonostante tutta la sua innegabile grave crisi sia interna che di consensi. È un po’ buffo sentire i loro esponenti accusare il governo di tutti i mali di questo Paese come se fossero sorti tutti nell’ultimo mese e non fossero stati loro a governare fino a prima di Natale, ma tant’è. È chiaro che la Lega, almeno quella ufficiale, vuole porsi al di fuori di quell’arco costituzionale che si preoccupa dell’interesse nazionale: “Come dicevamo l’Italia è fallita”, ripetono. Il punto è il PDL. Innegabilmente vive un forte contrasto interiore, che attraversa le correnti ma forse dilania anche l’animo dei singoli esponenti. Sono tentati dalle sirene della Lega a restaurare il precedente status quo. Allo stesso tempo in molti capiscono che l’unica strada percorribile è quella intrapresa dal governo Monti. I diktat della Lega infastidiscono, ma allo stesso spaventano. E il PDL resta pericolosamente in bilico tra il salto nel futuro e il ritorno al passato. È ora di avere più coraggio, di valutare i contenuti. E di conseguenza vale anche per il governo: non deve fare errori, non deve dare occasioni di crisi, di fuoriuscita dalla maggioranza. È un governo di tecnici, devono mostrarsi all’altezza delle questioni che devono affrontare. Qualche scivolone ogni tanto c’è. Va evitato ad ogni costo, perché nessuno possa trovare l’appiglio cui attaccarsi per far ritornare in auge la nostalgia e abbandonare la strada maestra del bene comune. No, bisogna tenere la barra dritta. Per una politica dei contenuti da cui discendano le scelte politiche, e non il contrario.  

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