La situazione nigeriana è più complessa di quel che sembra, ma ci sono alcuni punti fermi. E questi riguardano più noi che loro. Quello che sta accadendo in Nigeria è una crisi che va letta attraverso più lenti, più livelli. E alla fine si scopre che la cosa più sconvolgente è soprattutto il silenzio dell’occidente che accoglie questi massacri, un silenzio indifferente ma anche complice, un silenzio ignorante ma anche suicida.
Delle bombe di queste domeniche nelle chiese cristiane si è saputo abbastanza. Molti lettori però forse non ricordano lo sviluppo della questione degli ultimi anni, almeno dalla fine degli anni Novanta. Da allora nel nord della Nigeria gli scontri sono ciclici e violentissimi, e i morti sono stati migliaia, per lo più cristiani perseguitati fin dentro le loro case e le loro chiese. Non sempre, ma neanche di rado, si sono verificate anche rappresaglie cristiane, sia immediate e spontanee, sia organizzate. La Nigeria è uno Stato federale, con una forte maggioranza cristiana a sud (non coinvolta in nessun modo in queste vicende) e una maggioranza islamica al nord. In questi Stati del nord è stata addirittura imposta a livello locale la sharia, la legge islamica, con una serie di evidenti problemi verso i non musulmani, e con controversie con il governo centrale. In quest’ottica il nord si è andato sempre più radicalizzando – su questo torneremo – e lo scontento popolare, dovuto anche alla povertà ha facilmente trovato i capri espiatori nelle comunità cristiane. Lo scontro per la verità ha pare delle sue origini anche in questioni tribali e di contrapposizione etnica, oltre che in contrasti atavici tra pastori e agricoltori e comunque di natura economico-politica. Ma il modo più facile per attirare consenso intorno a veri propri pogrom nati magari da interessi economici è di rivestirli di temi religiosi, in questo modo alimentando il fondamentalismo e il fanatismo di persone arrabbiate. Seguendo una linea di sviluppo prevedibile (e anche in questo c’è una colpa dell’occidente, che nulla ha fatto per deviare questo corso della storia), in queste crisi si sono insinuati movimenti radicali islamici, spesso sostenuti anche dall’estero, movimenti armati e violenti, che si ispirano ai talebani e ad al-Qaeda, hanno i loro contatti e le loro possibilità di addestramento. Tra questi movimenti pochi anni fa è clamorosamente emerso quello di Boko Haram, che nonostante le stragi che ha causato, nonostante la pubblicità e il conseguente contrasto (evidentemente poco efficace) che ha avuto da parte delle istituzioni nazionali ed internazionali, questo movimento si è affermato, è cresciuto, ed è lui ad aver rivendicato le puntuali stragi domenicali dell’ultimo mese. Ed è ormai abbastanza chiaro che gli attacchi contro i cristiani, pur inseriti nel contesto di cui abbiamo dato conto, sono comunque sistematici e deliberatamente tesi a provocare una pulizia etnico/religiosa e una guerra civile. Se non si è fatto in tempo abbastanza per prevenire le ultime degenerazioni, e se ora non si fa nulla per prevenire i possibili ulteriori aggravamenti della crisi, qualche responsabilità c’è.
Anche perché la storia del radicalismo islamico violento in Nigeria si inserisce in un più ampio quadro di terrorismo in Africa, che va dal Sahel alla Somalia, che è in costante crescita, che rappresenta una minaccia reale e concreta, e che viene troppo ignorata. Stanno cambiando molte cose in quella larga parte dell’Africa, e se non tutto è negativo, violento, pericoloso, qualcosa lo è, e noi non possiamo far finta di niente, anche nella prospettiva della tutela della nostra sicurezza e persino dei nostri interessi.
Anche per questo è miope e provinciale la politica occidentale che poco si cura di quelle vicende. In realtà qualcuno se ne cura, ma sono singoli Stati nazionali che pensano solo a tutelare i loro specifici interessi in un’ottica puntuale che diminuisce la capacità di impatto di una visione globale dell’area e comune da parte dell’Europa.
Qui poi subentra la vergognosa pavidità europea di fronte al destino dei cristiani perseguitati in giro per il mondo, Nigeria compresa. Per le organizzazioni internazionali oltre il 75% dei perseguitati per motivi religiosi nel mondo sono cristiani. E paradossalmente una parte di loro sono perseguitati anche per l’erronea assimilazione cristiani-occidente. E invece non c’è nulla di più indifferente alle sofferenze di quei cristiani che le cancellerie europee. Che sbagliano gravemente. Sbagliano perché non si può essere indifferenti ad alcuna sofferenza e ad alcuna persecuzione. Sbagliano ancora di più perché si tratta di cristiani. Questo chiama in causa senz’altro una nostra solidarietà, anche per motivi confessionali, ma non solo. Il punto è che la storia dice che i cristiani sono ovunque seme di progresso, modernizzazione, soprattutto cultura dei diritti. Ed è anche per questo che sono sradicati. Allo stesso tempo il rispetto della libertà di religione e di coscienza e la tutela delle minoranze sono la cartina di tornasole del grado di civiltà e democraticità di un Paese. Difendere i cristiani è difendere la cultura dei diritti in quei Paesi. Abbandonarli vuol dire lasciar crescere un mondo sempre più oppressivo, repressivo, fanatico e pericoloso.
Nessun commento:
Posta un commento