I media non lo dicono, ma la scienza dimostra un rovesciamento nel pensiero corrente sulla famiglia. La famiglia “tradizionale” si scopre essere una risorsa per la società, essere la strada del futuro. La famiglia rende più felici e più produttivi socialmente. La famiglia fa bene. E non è per nulla uguale a tutte le altre forme di convivenze che si stanno diffondendo. Anzi, la loro diffusione non è la strada per un futuro migliore, ma è il sintomo di una crisi e di una disgregazione. Non sono il superamento della famiglia, ma il fallimento della società. Non è lo Stato, non è il mercato che si adegua allo sviluppo di nuovi modelli di famiglia, ma al contrario sono proprio essi a determinare questo sviluppo negativo tenendo sotto attacco costante una famiglia sempre più penalizzata benché sia determinante a costruire positività per tutta la società. Insomma, l’attacco alla famiglia è la via verso un suicidio sociale. Parola di scienziati.
La famiglia conquista il centro della scena. Ma trovandosi davanti a una terribile divaricazione. Dove va la famiglia? Verso il baratro, la scomparsa, l’irrilevanza? O sarà di nuovo protagonista del rilancio della società in questo momento di crisi? La famiglia è una risorsa per la società o è un limite per la modernità? Dati Istat contro una ricerca sociologica sponsorizzata dal Vaticano. Ma con contrapposizione solo apparente. Non si può negare che oggi questi temi siano attualissimi e vivacissimi, e ancora di più lo siano a causa della crisi che mette tutti in difficoltà e costringere a guardare in faccia la verità. E anche a chiedersi cinicamente come si sopravvive, come se ne esce? E a quel punto la famiglia, che è comunque nucleo chiave della società, snodo fondamentale, diventa l’oggetto diretto o indiretto di una domanda profonda: la famiglia nella crisi (ma più in generale nella vita) è una zavorra che impedisce di spiccare il volo o al contrario è una risorsa, una rete, un arricchimento che non solo protegge ma dà anche gli strumenti per spiccare quel volo sia individualmente sia socialmente? Di questo tema se ne stanno occupando in molti di questi tempi, sotto diversi punti di vista e con diversi approcci e supporti. Ma se si vuole essere seri e onesti si potrebbe scoprire che le cose stanno diversamente da come la pressione massmediatica vuole farci credere. È evidente che c’è un pensiero dominante che oggi propugna tutto ciò che va contro la famiglia, tutto ciò che sembra “liberare” il singolo facilitandone l’appagamento di ogni desiderio: dalle convivenze senza vincoli al rifiuto di avere figli (o magari di averli solo su misura come proprietà), dai matrimoni gay al divorzio breve, e via così su tutte le iniziative “moderniste” e di “diritti civili” che disgregano il senso della famiglia detta “tradizionale” (o normo-costituita secondo il linguaggio sociologico), quella dove un uomo e una donna si sposano e mettono al mondo i figli.
E questo pensiero dominante pare trovare la sua conferma e il suo sostegno nei dati statistici che vengono continuamente scodellati, nella descrizione della situazione che viene disegnata. Ad esempio sono davvero pesanti i dati forniti dall’ISTAT. Ma attenzione a un elemento metodologico molto determinante in questo contesto: nessuno mette in discussione che i dati dell’ISTAT siano corretti, ma c’è chi li strumentalizza per farne un dogma programmatico, invece di limitarsi a leggerli, comprenderli, indagarli. Così se ne ricava un trend che viene dato come inevitabile e come addirittura giusto e portatore di modernità, mentre i dati di per sé non dicono assolutamente questo. Si limitano a descrivere una realtà asetticamente, ma non dicono cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è desiderato e cosa è subìto, cosa porta vantaggi e cosa svantaggi per i singoli, per le famiglie, per la società tutta. Descrivono fotograficamente una realtà, ma non ne spiegano le cause. Vediamo prima questi dati, e poi proviamo a dargli un senso alla luce delle ricerca “La famiglia, una risorsa per la società”, condotta dal professor Pierpaolo Donati su mandato del Pontificio Consiglio per la Famiglia , edita da Il Mulino e sponsorizzata dalla Fondazione Fede e Scienza presieduta da Rocco Buttiglione.
Registra il Rapporto annuale 2012 dell’ISTAT che negli ultimi venti anni le “famiglie” italiane sono passate da 20 a 24 milioni, mentre i componenti sono scesi da 2,7 a 2,4. Sono aumentate le persone sole, le coppie senza figli e le famiglie monogenitore, sono diminuite le coppie con figli. Le coppie coniugate con figli si sono ridotte al 33,7 per cento delle famiglie italiane nel 2010-2011 dal 45,2 per cento del totale delle famiglie del 1993-94; anche nel la famiglia tradizionale, ancora maggioritaria nel 1993-94 (52,8 coppie coniugate con figli per cento famiglie), rappresenta oggi poco più del 40 per cento. Aumentano le nuove forme familiari: single non vedovi, monogenitori non vedovi, “libere unioni” e famiglie ricostituite coniugate; nel complesso si tratta di oltre sette milioni di famiglie (il 20 per cento del totale del 2010-2011 ), circa il doppio rispetto al 1993-1994 , per un totale di 11 milioni e 807 mila individui. Le libere unioni sono quadruplicate in meno di vent’anni, nel 2010-2011 sono 972 mila. Le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili, in tutto 578 mila, hanno fatto registrare gli incrementi più sostenuti, 8,6 volte in più di
quelle del 1993-94. I matrimoni sono in diminuzione, poco più di 217 mila nel 2010, nel 1992 erano circa 100 mila in più. Ogni 10 matrimoni quasi tre finiscono in separazione, una proporzione raddoppiata in 15 anni; le unioni interrotte da una separazione entro 10 anni di matrimonio sono più che triplicate, passando dal 3,62 per cento matrimoni celebrati nel 1972 al 12,25 per cento nel 2000 (sempre una tragedia, ma certo la stampa potrebbe anche notare che i numeri assoluti sono brutti ma non mostruosi: le famiglie che durano sono sempre la stragrande maggioranza, ma questo non fa notizia).
Dato invece di particolare rilevanza, e che ci porta al successivo passaggio, è quello che dice che una famiglia su dieci è in povertà, e che il dato è più che doppio al sud, e soprattutto che è molto peggiorata la condizione delle famiglie più numerose. Nel 2010 risulta in condizione di povertà relativa il 29,9% di quelle con cinque e più componenti (più sette punti percentuali rispetto al 1997). Sono 1 milione 876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere. Ma già nelle famiglie con almeno un minore l’incidenza della povertà è del 15,9%. Complessivamente sono 1 milione 876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere (il 18,2% del totale). Negli ultimi due decenni la spesa per consumi delle famiglie è cresciuta a ritmi più sostenuti del loro reddito disponibile, determinando una progressiva riduzione della capacità di risparmio; il potere d’acquisto è sceso di circa il 5%. Il carico fiscale corrente sulle famiglie è passato dal 13,2% degli anni 1992-1996, al 14,1% del periodo 2001-2007, per raggiungere il 15,1 % nel 2011. Questi sono i dati che fanno vedere le difficoltà della famiglia. Ma che forse visti in un’ottica onesta e al di fuori del politicamente corretto mostrano che non è la famiglia a causare problemi ai suoi membri, alla società, allo Stato. Al contrario sono lo Stato e la società che si mostrano ostili alla famiglia, e invece di incoraggiarla la ostacolano e la danneggiano. In quest’ottica rivoluzionaria si possono meglio comprendere anche tutti i terribili dati citati in precedenza, che mostrano un quadro di famiglia sotto assedio e di avanzata di forme nuove. Quest’avanzata non è progresso, non è il risultato della crisi della famiglia come modello superato e inadeguato, ma al contrario sono solo il frutto della crisi della famiglia come soggetto che pur essendo positivo viene continuamente messo sotto attacco. Tra l’altro andrebbe evidenziato come tanti studi registrano che l’aspirazione largamente più diffusa è proprio quella di “mettere su famiglia”, aspirazione cui in troppi rinunciano non per “modernità” ma per paura. La crisi della famiglia è una sconfitta, non un progresso.
Ma questa lettura è corretta o è pregiudiziale? Se è vero che lo Stato e il mercato non aiutano e anzi danneggiano la famiglia, ma perché dovrebbero aiutarla? Su quali basi? E qui arriviamo alla ricerca presentata dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Un ’analisi scientifica serissima e rigorosa, forse non a caso ignorata dai mass media. Perché rovescia il politicamente corretto generalizzato. Ma la ricerca è seria, scientificamente fondata: se la si vuole contestare (è legittimo) lo si faccia su basi altrettanto scientifiche, altrettanto solide e rigorose. Ma questo non avviene, si preferisce ignorare e continuare con gli stereotipi che fanno comodo ad alcuni e sono bevuti da molti.
Ma quali sono questi risultati rivoluzionari della ricerca “La famiglia, risorsa per la società”, condotta dall’equipe guidata dal sociologo Donati intervistando personalmente per 18 mesi 3500 persone? “Le famiglie fondate sul matrimonio uomo-donna e con due o più figli sono le più felici, le più stabili e le più pro-sociali”, ha sintetizzato il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia. “La nostra ricerca dimostra, con dati empirici, che la famiglia non è un peso, non è un ostacolo, ma una risorsa – ha detto Donati -. Il problema di fondo è che a livello mondiale viene messo in discussione il modello della famiglia ‘normo-costituita’, quella fondata sul matrimonio uomo-donna e con due o più figli, che si ritiene sia ormai un’istituzione del passato. La grande sfida è dimostrare invece che questo modello è un’istituzione del futuro, che diventa sempre più fondamentale per l’avvenire della nostra società”. La ricerca, il cui principale sponsor è la Fondazione Fede e Scienza presieduta da Rocco Buttiglione e che è pubblicata da Il Mulino, sfata anche le tesi di chi dice che ogni modello sia “equivalente”. e dimostra che “la famiglia normo-costituita è più soddisfacente rispetto alle altre”, offre più “capitale sociale” e “dà più aiuti anche a persone esterne alla famiglia”. Secondo la ricerca, “sposarsi aumenta il valore aggiunto per la società, non è equivalente rispetto a non sposarsi”, mentre man mano che si va dalla famiglia normo-costituita a quella con figlio unico o senza figli, a quelle non sposate e alle altre “nuove” forme di convivenza, peggiorano le condizioni di vita delle persone”. Per Donati, dallo studio emerge anche che “Il numero dei figli è decisivo, perché è un fattore di ricchezza di relazioni. E il secondo fattore decisivo, dimostrato da dati empirici, è il matrimonio: la famiglie più valide e forti sono quelle che hanno più figli e si fondano sul matrimonio”. Pierpaolo Donati, ordinario di Sociologia della famiglia all’università di Bologna ha apertamente contestato “l’idea che in una società priva di famiglia normo-costiuita gli individui siano più felici e soddisfatti e che la maggiore libertà sia preminente sul fare famiglia. Il nostro compito non era semplice, dimostrare sul piano empirico che così non è. Fare famiglia in un modo o in un altro non è equivalente. La famiglia normocostituita è effettivamente più soddisfacente delle altre forme, ha una clima maggiormente ottimistico, crea fiducia verso gli altri e i vicini, è il dono agli altri, la reciprocità. E questa famiglia che ha due figli o più è quella che dà più aiuti alle persone esterne alla famiglia”. Nel complesso, l’indagine evidenzia che il distacco dalla coppia uomo-donna stabile e unita da un vincolo pubblico con i propri figli e la sua destrutturazione non migliorano la condizione esistenziale delle persone, semmai la peggiorano. Mettere in forse e depotenziare la famiglia significa far sì che le persone diventino soggetti deboli e passivi rispetto alla società, che deve assisterli, anziché essere attori/agenti che generano e rigenerano il capitale umano e sociale della stessa società. “Questa ricerca – ha spiegato Donati - è un viaggio alla riscoperta delle ragioni per le quali la famiglia è, e rimane, la fonte e l’origine della società. In sintesi, si dimostra che la famiglia è una risorsa per la società perché genera virtù sociali, e che ciò si realizza quando la famiglia vive secondo l’etica del dono. La relazione familiare genera un clima caratterizzato da fiducia, cooperazione, reciprocità, dentro il quale crescono le virtù personali e sociali. Senza il clima proprio della famiglia, le virtù personali e sociali diventano più difficili, e a volte impossibili, da apprendere e mettere in pratica”. Il problema quindi, ha detto apertamente il sociologo durante la presentazione del rapporto, non è che la famiglia rappresenta una superata e zavorrante eredità del passato, un modello arretrato e in via di estinzione. Il problema è il contrario. Nonostante il fatto scientificamente dimostrato che la famiglia rappresenti il modello migliore, quello che rende più felici gli individui e al contempo più arricchisce la società, oggi lo stato, il mercato e gli opinion makers stanno distruggendo la famiglia, penalizzandola, aggredendola, cercando di sostituirla con altri modelli molto meno positivi, mentre “il fisco è nemico della famiglia”.
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