domenica 11 dicembre 2011

L'Italia sempre più provinciale ai margini del mondo globale. Chiude Rai Internazionale

Il mondo si apre. L’Italia chiude. La comunicazione è forza, potere. L’informazione è tutto. Con essa si combattono gli scontri di oggi, si affermano le culture, si posiziona il proprio Paese sullo scacchiere mondiale. Tutti gli Stati si affannano a creare canali di informazione per l’estero, per diffondere il proprio punto di vista nel mondo. La comunicazione della propria identità verso l’estero è la chiave di molti successi, anche economici e commerciali. La diffusione della propria lingua è uno strumento di affermazione molto importante, facilita le relazioni, dà protagonismo. Coltivare le proprie comunità di connazionali all’estero permette di avere una rete internazionale vitale e molto capace di affermare la cultura, l’identità, il punto di vista e anche la simpatia nazionale diritti nel cuore dei Paesi dove vivono. Un elemento importante di tutto questo sono gli strumenti di comunicazione destinati all’estero. La tv, la radio. Non è il caso qui di ricordare il potere antico e moderno del quarto potere. Ricordare Cnn, Fox, Bbc, ma anche al-Jazira e tutto il resto. In questo contesto che fa l’Italia? Chiude la sua rete di questo tipo, Rai Internazionale. Certo, Rai Internazionale ha risentito del sistema carrozzone della Rai. Ha funzionato forse poco e male. D’altro canto si è investito poco (e male), non solo in denaro ma anche impegno, intensità, creatività. Non ci hanno creduto. Non hanno creduto che l’Italia potesse uscire dal suo ruolo provinciale. Certo, ora è tempo di tagli, c’è una crisi vera. Non possiamo più permetterci di sprecare soldi. E una Rai Internazionale inutile è uno spreco. Ma forse ora più che mai sarebbe invece il momento di rovesciare l’approccio. Forse proprio ora per essere all’altezza della competizione internazionale, per mettere le basi di elementi di crescita economica sullo scenario globale, forse è il caso di puntare su uno strumento di proiezione internazionale dell’Italia. Su Rai Internazionale c’è bisogno di rimboccarsi le maniche, non di chiudere il 31 dicembre.

Prendo in prestito dal mio amico Marco:
Pakistan, Giappone, Cile, Turchia, Russia, Venezuela, Australia, Olanda, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Taiwan, Marocco, Indonesia, Israele, Malesia, Mongolia, Filippine, Nigeria, Tunisia, Corea del Nord, Corea del Sud, Azerbaijan, Belgio, Grecia, Gran Bretagna, Francia, Austria, Germania, Portogallo, Canada, Iran, Cina, Polonia, Serbia, Svezia, Svizzera, Ucraina, Argentina, Brasile, USA, Nuova Zelanda, Bosnia Erzegovina, Finlandia, Cuba, Brunei, Myanmar.
Sono solo alcune delle nazioni che hanno un canale pubblico radio-televisivo internazionale, cioè con una programmazione specifica dedicata all'estero. Dal 31 dicembre 2011, con la chiusura di Rai Internazionale, l'Italia non farà più parte di questo elenco di paesi. Ne deduco che abbiamo meno cose da dire al mondo, via radio o via televisione, di quante ne abbia il Brunei. E che abbiamo meno connazionali all'estero da raggiungere di quanti ne abbiano l'Austria o la Nuova Zelanda.

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